Il delitto d’onore
“Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona, che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella”.
Sembrerebbe una legge del medioevo o di qualche paese particolarmente repressivo nei confronti delle donne e invece si tratta dell’articolo 587 del Codice Penale Italiano, in vigore in Italia fino al 1981. Prima di quella data lo Stato italiano riconosceva un particolare tipo di omicidio, il cosiddetto “delitto d’onore “, fondato sul legittimo di diritto di difendere il proprio onore. Lo Stato, nel caso di commissione del suddetto delitto, concedeva al colpevole, uno sconto di pena, giustificandone il “nobile fine”.
Il delitto d’onore era previsto nel nostro ordinamento sin dal primo Codice Penale unitario del 1889, codice Zanardelli, all’art.377:
“Per i delitti preveduti nei capi precedenti, se il fatto sia commesso dal coniuge ovvero da un ascendente, o dal fratello o dalla sorella, sopra la persona del coniuge, della discendente, della sorella o del correo o di entrambi, nell’atto in cui li sorprenda in flagrante adulterio o illegittimo concubito, la pena è ridotta a meno di un sesto, sostituita alla reclusione la detenzione, e all’ergastolo è sostituita la detenzione da uno a cinque anni”.
Fu ripreso nel Codice Penale Rocco, entrato in vigore nel 1930, con l’art. 587, questa legge sosteneva che la pena generalmente prevista di 21 anni per un omicidio venisse ridotta a un massimo di sette anni qualora fosse stato determinato da uno stato d’ira cagionato da offesa all’onore arrecato da una donna della famiglia.
Nello stesso codice era compreso anche l’articolo 544, il “Matrimonio Riparatore”, il quale prevedeva che chi fosse stato accusato di stupro, qualora si fosse offerto di sposare la vittima, estingueva il reato.
“Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio che l’autore del reato contragga con la persona offesa estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”.
La legge italiana prevedeva l’estinzione del reato di stupro per il colpevole, se lo stesso si mostrava disponibile a contrarre matrimonio con la vittima, spesso minorenne.
Il matrimonio riparatore era soprattutto voluto dai familiari della vittima, i quali non ritenevano percorribile altra via per ripristinare l’onore ormai perduto.
Questi due articoli del codice penale, esprimevano la totale supremazia della famiglia sulla donna, considerata come un oggetto di proprietà dell’uomo, priva di qualsiasi volontà e libertà di scelta. La legge prevedeva infatti pene irrisorie per i delitti d’onore perché la violenza sessuale era considerata un reato contro la morale e non contro la persona.
Grazie alle battaglie di tante donne e parlamentari finalmente entrambi gli articoli furono aboliti.
Con la Legge 442 del 5 agosto 1981 “Abrogazione della rilevanza penale della causa d’onore”, l’Italia finalmente elimina le “nozze riparatrici” e il “delitto d’onore”